In un piccolo borgo di 600 abitanti, sopra una collina circondata da cipressi, sorge la dimora del Foscolo, in ricordo del probabile soggiorno del poeta e scrittore Ugo Foscolo.
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Posizione
La villa nasce sopra una collina nelle campagne della provincia di Padova. Arrivarci non è affatto difficile. E’ possibile lasciare la macchina in una strada vicino e farsi a piedi i 500 metri che separano la strada asfaltata dall’entrata della villa. L’intera corte è circondata da una alta mura in sasso, dunque sarà necessario scavalcare una rete in ferro (già piegata da qualcun’altro) e salire per altri 100 metri su per la collinetta.
Storia
Il complesso è stato costruito su una collina dove in precedenza, nel duecento, era situato un edificio fortificato. L’attuale villa viene costruita nel ‘500 per conto di un patrizio veneto, e più avanti viene ampliata con l’aggiunta di quattro edifici a torre agli angoli della proprietà, annettendo la colombara e l’oratorio. Si dice che nel XIX secolo Ugo Foscolo, poeta, scrittore e traduttore italiano e uno dei principali letterati del neoclassicismo e del preromanticismo, abbia soggiornato nella suddetta villa e vi abbia scritto il romanzo “Ultime lettere a Jacopo Ortis”.
Descrizione
Custode di un immaginario soggiorno foscoliano, la villa è racchiusa in sé stessa, elaborando memorie e scatti di ciò che è andato perduto col tempo. Nonostante il personaggio storico dei colli Euganei sia Francesco Petrarca, in questa zona ha preso il “sopravvento” Foscolo.
Arriviamo davanti al cancello della villa con le torce già accese e il buio che ci sta alle spalle. Il cancello ovviamente è chiuso, così decidiamo di scavalcare uno alla volta la rete di ferro, dandoci una piccola spinta appoggiando il piede sul muro. Saliamo lentamente il pendio che ci separa dalla proprietà, attraversando alberi e cespugli.
Il primo ad apparire davanti a noi è un piccolo edificio in pietra, probabilmente adibito a magazzino, che saltiamo a piedi pari. Ci addentriamo ancora di più, oltrepassando la soglia di un portone in legno e trovandoci in una vecchia cantina. Ci sono bottiglie, trofei ed enormi damigiane verdi addormentate sul terreno. Ogni tanto ne risvegliamo qualcuna, sbattendoci contro con le gambe, in quanto la stanza è completamente buia e non riusciamo a prestare particolare attenzione a dove mettiamo i piedi. Accendiamo le torce che riflettono la luce sui muri umidicci, illuminando vecchie bottiglie di vino poste sopra un ripiano di legno. Ci sono due cunicoli stretti che finiscono con una porta in ferro battuto, dalla quale poi è possibile raggiungere la villa. Ritorniamo indietro e osserviamo che ci sono altre scale che portano ancora più giù. Arriviamo in una semplice stanza vuota, niente d’interessante. La stanza accanto a dove abbiamo trovato le damigiane è una vera e propria camera dei tesori. Tre carrozze, poste una di fianco all’altra, dominano la scena. Oramai, non più in condizione di ritornare a correre sulla strada, riposano qui, senza vita e senza scopo. Una di esse ha perfino i sedili foderati in finta pelle tigrata. Il resto della stanza è adibito a magazzino, ospita sedie e tavoli, alcuni strumenti da lavoro e un inusuale giradischi. In uno scaffale di un armadio troviamo dei piatti, dei bicchieri, delle pentole, dei cerini e dei bottoni.
Ritorniamo indietro percorrendo il cunicolo e salendo le scale per sbucare poi nel giardino. Ci sono tre edifici da visitare, tra cui la villa. Decidiamo di lasciarla per ultima e visitiamo l’edificio alla nostra sinistra. Un magnifico pianoforte, ancora capace di lasciarsi suonare, giace inerme in un angolo della stanza. Il pavimento è ricoperto di foto d’epoca e di statue. Centinaia sono sparse tutte sul pavimento assieme a stralci di giornale e alcuni libri. Su un tavolo in legno è posto un piccolo alberello di natale, due statuine che ricordano quelle del presepio e una cassa di altri tempi.
Nella stanza successiva troviamo vestiti e indumenti di tutti tipi, tra cui cappelli e giacche colorate. Nella sala vicino invece siamo testimoni di un vero e proprio magazzino di lampade, lampadari e ornamenti rotti. Tutti questi oramai piccoli oggetti in vetro sono adagiati su alcuni ripiani in legno posti ai lati delle mura.
Facciamo retromarcia per esplorare l’altro edificio che ci siamo lasciati alle spalle, dove statue dal busto o dal collo in su sono state completamente distrutte. Purtroppo, dopo che questa villa è finita sui giornali di tutta la zona in seguito alla scoperta di una giovane coppia che era scappata di casa rifugiandosi qui, molti ragazzi sono riusciti a raggiungere questo luogo per poi vandalizzarlo. La stanza non contiene solo statue, ma anche libri, documenti scritti in diverse lingue tra cui l’arabo, altre pentole, mobili antichi, tuniche ed abiti talari, cornici e foto della Madonna e Gesù e perfino tre paia di scii. Nella camera accanto ci sono resti di scatole per cani e una cucina imbastita con fornellini e tavole. Uscendo dalla struttura c’imbattiamo in due cucce per i cani, adiacenti alle scale d’entrata.
Ora finalmente è il giunto il turno di visitare la villa. Veniamo abbagliati all’entrata alla vista di un altro pianoforte con sopra appoggiata una moca del caffè. Nel bel mezzo della stanza una poltrona con accanto una statua dalla testa mozzata, sostituita da un bel mazzo di fiori finti. Nelle altre stanze e nel secondo piano assistiamo a varie testimonianze lasciate da una vita passata di alcuni senzatetto. Scarpe e ciabatte lungo le scale, materassi in una stanza del secondo piano, pentole, posate e altri utensili nella cucina, uno scivolo e uno stendino per il ferro da stiro. Tutto a parer mio in buone condizioni. Se fossi un senza tetto sicuramente sceglierei di vivere dentro questa villa, in quanto comparandola con altri posti che abbiamo visitato, risulta più pulita e in una zona ben riparata da occhi indiscreti.
Lasciamo questo splendore per avventurarci nell’oratorio. La chiesa è completamente spoglia, privata perfino dell’acqua santiera e probabilmente di altri ornamenti di cui era “addobbata” tempo addietro. L’altare è l’unica cosa che rimane a sua testimonianza. Nella parte sopra, in una specie di torre, c’imbattiamo nuovamente in alcuni bivacchi posizionati sul pavimento. Nei sotterranei della chiesa troviamo un bellissimo baule (purtroppo vuoto, chissà cosa custodiva) e dei resti di ossa di animali. Abbastanza creepy e misterioso direi. Appena al di fuori dell’oratorio ci mettiamo ad investigare e troviamo una lapide, nascosta dal muschio e da alcune radici d’albero. Una lapide che però è stata rotta e successivamente ricostruita inglobando diversi altri pezzi di pietra e calcestruzzo. In parte leggibile, in parte no, non riusciamo a capirne il significato.
L’ultimo a mancare è un altro bellissimo edificio, con dentro un terzo e ultimo pianoforte, addobbato con decorazioni natalizie (a Natale mancava ancora un mese, quindi probabile che si siano presi in anticipo). Nel resto della stanza altre decorazioni, palline colorate e pacchi regalo scartati. Una bellissima scala a muro in legno ci porta al secondo piano, dove pure qui troviamo una rete del letto, però senza alcun materasso. Stanza piccola, con pavimento in legno e due finestrelle ai lati ricoperte dall’edera che cerca di farsi strada attraverso i pezzi di vetro rimasti ancora intatti. Alquanto suggestiva.
Usciamo dalla proprietà nello stesso modo in cui siamo entrati, lasciandoci alle spalle questa magnifica villa storica e tutta la sua storia.
SULLA MAPPA:
Is it possible to know where this villa is?
Mi piacerebbe sapere chi ha scritto questo articolo. Ho trovato il link che mi ha indirizzato qui su “Villa Renier a Monticelli”. Si dice che i discedenti dei Renier non possono pagare un milione di euro: è un falso! I discendenti dei Renier non hanno più nulla a che vedere con la casa. Non gli appartiene più.
Grazie per il tuo commento. Le nostri fonti erano due abitanti della zona limitrofa alla Villa. Ci documenteremo meglio.