Questa terra fino al 1923 era deserta e malarica, con una ventennale opera il nob. prof. Alberto Graziani medico igienista di Padova la bonificò e la redense, trasmettendo il frutto del suo fecondo lavoro alle figlie di Maddalena di Canossa nel 1941.
Posizione
Colonia Ca’ Roman è facilmente raggiungibile col traghetto prendendo la linea 11 dell’ATV. Il costo di un singolo ticket è di 5 euro ed il tempo di percorrenza è di 20 minuti. Il traghetto si può prendere sia da Chioggia che dal Lido di Venezia.
Storia
La Colonia Marina “Mater Dei” delle Suore Canossiane è stata costruita negli anni Trenta per conto del professore e medico Alberto Graziani nell’Oasi di Ca’ Roman. Per numerosi meriti in campo scientifico e sociale il medico ebbe molti riconoscimenti ufficiali ed onorificenze, con diplomi e medaglie d’oro. Il professore vedeva questa striscia di terra come luogo perfetto dove “isolare” e “internare” i propri ammalati. Una zona sicura per tanti bambini. Tuttavia l’area dove decide di costruire le baracche di legno è del tutto inospitale, selvaggia e con scarse possibilità di avere acqua potabile. Il progetto, nonostante questi problemi riesce ad andare avanti grazie anche e soprattutto al contributo di Pietro Rosso, uomo definito da Graziani come strumento della divina provvidenza. Così successe che la Colonia poco tempo dopo comincia ad accogliere ogni anno nella sua spiaggia riservata fino a 300 bambini, circa 30 ragazzine dai 12 ai 15 anni e circa 120 mamme con figli, oltrechè signore e signorine “isolate”
Nell’alluvione del 1966 la Colonia fu distrutta e successivamente ricostruita grazie a dei benefattori.
Qualche anno fa le suore decisero di vendere l’intero lotto ad una società immobiliare che avrebbe dovuto poi trasformare il tutto in un residence di lusso. Ciononostante oggi l’ex colonia versa in condizioni disastrose.
Tutto attorno all’isola si può ammirare il sistema difensivo della laguna di Venezia comprendente un complesso sistema di opere di fortificazione realizzate, in fasi successive, a protezione di Venezia e della laguna veneta dalla Serenissima Repubblica, dall’Impero francese, dall’Impero austriaco e dal Regno d’Italia, ora abbandonato.
L’abbandono
Terminata la guerra nel 1918 lo scampato pericolo della perdita di Venezia spinse le autorità militari a ridurre l’importanza dell’Arsenale in favore delle più sicure basi de la Spezia e Taranto. In conseguenza di questo venne meno anche la funzione militare del campo trincerato di Mestre, le cui strutture vennero progressivamente trasformate in caserme, polveriere e magazzini, fino al definitivo abbandono negli anni ottanta.
Descrizione
Arriviamo oramai nel tardo pomeriggio alla colonia, quando il sole si appresta a tramontare. Decidiamo di lasciare giù la nostra tenda nelle vicinanze di un bunker abbandonato e a nascondere i nostri zaini per avere più libertà di movimento.
Per due ore esploriamo i dintorni dell’isola e ci accorgiamo subito che è più grande di quanto avessimo pensato. Dopo la camminata nella spiaggia decidiamo di ritornare alla nostra tenda prima che le zanzare ci mangino vivi.
Alla mattina ci svegliamo presto e subito inizia lo “stalkeraggio” della zona. Per prima cosa visitiamo tutti gli ammassi di cemento lasciati a “guardia” dell’isola. Sparse un po’ ovunque le fortificazioni hanno tutte la stessa forma e sono costruite in modo identico: un corridoio con due stanze laterali e una più grande centrale. Dei sotterranei passano sotto quella centrale delimitandola. Niente è stato lasciato all’interno se non spazzatura e graffiti. Muoversi non è affatto facile essendo il terreno e i sentieri coperti da erbacce e rovi che fanno così soffrire le nostre povere gambe.
Avvicinandosi dalla parte del lido osserviamo in lontananza una barca lasciata abbandonata. Per la mente mi passa l’idea di nuotare fino al relitto ma poi, guardando l’acqua color marrone e l’odore nauseante che copre l’intera zona, lascio perdere.
Ritorniamo sulla strada principale a prendere il battello però senza scordarci della parte più importante, la colonia! Quindi a metà percorso imbocchiamo la sinistra e giù per una scalinata arriviamo ad un cancello aperto. Ecco finalmente l’entrata che subito ci apprestiamo a varcarla e, davanti a noi una serie di fabbricati. La prima fila di case mostra qualcosa come dei bagni e ripostigli che contengono ancora alcuni vestiti, ombrelloni e sedie lasciate al loro interno. Muovendoci verso il mare c’imbattiamo in altri fabbricati adibiti probabilmente al soggiorno dei pazienti. Sulla destra, isolata un po’ ’ da tutto il resto fa la sua comparsa la chiesa, ancora in piedi nonostante gli atti vandalici subiti nel tempo.
Avvicinandoci ancor di più al mare notiamo uno scorcio e una piccola porta arrugginita dalla quale usciamo direttamente dalla parte del Lido. Davanti a noi un’altra spiaggia dove alcuni giovani si stanno riposando e prendono felicemente il sole.
Ritorniamo alla nostra “realtà” ed eccoci subito dentro un altro edificio. Cominciamo a percorrere piano piano in tutta la sua grandezza il perimetro dell’istituto “Mater Dei”. Il secondo e il terzo piano sono ancora abbastanza sicuri escludendo alcune altre zone dove le scale sono completamente crollate. Pur essendo per la maggior parte spogli gli edifici, la combinazione di colori, luci e parti in legno rende questa esplorazione interessante e il posto abbandonato affascinante.
Una torre di cemento armato compare dal bel mezzo della vegetazione e si mostra in tutta la sua imponenza. Cercando l’entrata c’imbattiamo nuovamente nei rovi che ancora una volta lasciano qualche regalino alle nostre gambe. Un’apertura sul retro ed eccoci al buio dentro la torre. Le scale sono molte e il passaggio è stretto. In tutto ci sono altri due piani non considerando il piano terra, ognuno con una fessura nel cemento abbastanza grande da poter spiare gli eventuali nemici e sparare con i fucili. Un’ulteriore scala a muro, con un passaggio questa volta davvero molto stretto che ci costringe a lasciare gli zaini al secondo piano, ci fa andare a quello che era il “tetto” della torre. Uhhhhh la vista è davvero magnifica da quassù!! Una trentina di metri potrebbe essere alta la torre, se non anche di più.
Scendiamo ex novo attraverso il minuscolo passaggio e le scale fino ad arrivare a terra da dove poi prendiamo il sentiero per uscire dalla Colonia. Dieci minuti a piedi e finalmente arriviamo tutti sudati a prendere il battello.
E’ stata un’esplorazione molto entusiasmante che sicuramente ripeterei non solo per il posto abbandonato in sé ma per l’atmosfera e la tranquillità dell’isola.