Un paradiso immerso nella natura. Una SPA d’altri tempi, organizzata per portare il massimo benessere al corpo e alla mente del paziente in cura.
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Posizione
Il sanatorio si trova a Gagra, non molto distante dalla grotta di Svyatogo Ipatiya. Prima di raggiungere la grotta (di cui non consigliamo la visita), nell’angolo dove si trova un negozietto partono delle scale in pietra che portano fino al sanatorio. Secondo gli abitanti del luogo ci dovrebbero essere dei serpenti che abitano l’area, ma durante tutto il tempo che sono stato ad esplorare (un totale di 4 ore) non ne ho vista nemmeno l’ombra
Storia
Il sanatorio venne costruito nell’anno 1953. Durante il periodo dell’Unione Sovietica i vari edifici venivano usati come luogo di riposo per navigatori e marinai.
Descrizione
Ben visibile dalla città di Gagri, il sanatorio si mostra in tutta la sua imponenza. Diverse strutture sono collocate all’interno di un’area che ricopre un intero versante della montagna.
Prima di giungere dinanzi al sanatorio chiedo informazioni a una vecchia anziana che vive nei dintorni. Essendo sorda, mi appresto a ripetere e chiedere più volte l’informazione. M’interroga sulla mia provenienza, ed io le rispondo che sono italiano. Tutta felice mi offre qualcosa da bere prima di continuare il mio cammino e poi mi augura buona fortuna.
Arrivato davanti al primo dei numerosi edifici lasciati abbandonati, mi precipito subito dentro non prima però di essermi munito di un bastone (proprio in caso di serpenti).
Il piano terra è totalmente deserto se non fosse per alcune macerie e vecchi giornali. L’edificio si sviluppa su tre piani, ma per raggiungere l’ultimo sono costretto a passare attraverso le assi di una finestra, situata nel retro della costruzione. Gli scalini e le assi in legno non mi danno molta fiducia, ma ci provo ugualmente.
Uno scricchiolio dopo l’altro ed ecco che raggiungo il piano successivo. L’intonaco dei muri cambia da un bianco sbiadito a un azzurro acceso. Passando da una parte all’altra del corridoio sbircio nelle varie camere, da cui si può godere di una bellissima vista. In alcuni punti le piante e gli alberi hanno fatto il loro ingresso solenne dalle finestre, e molto lentamente, quasi si stessero per stiracchiare, raggiungono il corridoio.
Mi muovo verso l’alto per incrociarmi con un’altra serie di edifici. D’un tratto inciampo in una radice, e con lo sguardo confuso mi guardo attorno, quasi mi fossi perso in un labirinto infinito. Passo di fronte a uno per poi usare delle scale laterali ed entrare dentro un altro. Anche qui un lunghissimo corridoio con un miriade di stanze ai suoi lati. Al centro un ampio salone che fa ampiamente entrare la luce.
Anche qui salgo le scale, ed è proprio in questo edificio che mi imbatto nel primo pianoforte. Nascosto nella penombra, giace quasi fosse un relitto dei tempi passati. Le corde e i tasti in molti punti mancano o sono completamente distrutti, anche se riescono a produrre ancora qualche suono.
Nel piano superiore m’imbatto in una stanza totalmente immersa dalla carta, da giornali di vario genere e perfino libri. Alcuni sono scritti in georgiano, altri in abcasi, e altri ancora in russo. Passeggiando tra un foglio e l’altro trovo perfino qualche poesia.
Facendo retromarcia mi dirigo verso l’edificio che ho saltato poco tempo prima, passando davanti a una bacheca di legno dove una volta venivano infissi le notizie di diversi giornali. Tra questi non poteva mancare la Pravda
Quest’ultimo edificio si rivela essere un cinema e un teatro, con un pianoforte nella piattaforma di legno rialzata e ciò che rimane di un proiettore nella sala al primo piano.
Tutto d’un tratto sento dei rumori provenire dall’esterno, e dei cani fanno d’improvviso irruzione all’interno del cinema. Non mi sorprendo in quanto capisco già dal loro atteggiamento che sono semplicemente ansiosi di capire chi mai fosse questo insolito visitatore. Il padrone lì chiama dal di fuori della struttura e senza alcuna esitazione corrono via.
Approfittando della situazione faccio qualche domanda all’anziano signore, che di tutto punto si rivela disponibile a rispondere ad ogni mio quesito. Inoltre decide di farmi da guida per un pezzo di strada, guidandomi fino a una targhetta infissa nella parte superiore del sanatorio con su scritta la data 1953.
Il signore in prima fila guidato dai suoi cani mi conduce fino all’ultimo piano di un altro edificio, da dove è possibile godere di una vista straordinaria: Il mare, le montagne, il cielo, tutto un pezzo unico di colori diversi che si intrecciavano.
Il signore e i suoi due cagnolini mi lasciano affinché io possa continuare la mia avventura nel rimanente edificio. Delle scalinate in pietra mi portano davanti a una fontana e a dei tavolini, e a delle panchine in legno. “Dev’essere stata la zona ricreativa” penso tra me e me.
Mi arrampico attraverso delle barricate in legno per passare attraverso una finestra e finalmente entrare in quello che sarà l’ultimo edificio che andrò a visitare.
Velocemente mi affretto a fare il giro dei diversi piani, dedicando un po’ del mio tempo solo al reparto cucina dove alcuni elettrodomestici sono lasciati a arrugginire.
In 10’ mi ritrovo già all’aperto sulla mia strada di ritorno per Gagra. Lungo la strada asfalta i cipressi freddamente mi ringraziano per la visita del tutto inaspettata.
Sulla mappa: