Cambogia, Parco nazionale del Bokor, cima della montagna. Soffoco in mezzo al freddo tepore della nebbia. Mi sento osservato. Ovunque occhi che si nascondono dietro le rocce della montagna e attendono…
Posizione
I resti di questa città fantasma sono situati sulla cima del parco nazionale del Bokor. Da qui, oltre a godere di una magnifica veduta (sia che ci sia la nebbia, sia che non ci sia) potrete esplorare i resti di una vera e propria città abbandonata.
L’accesso è libero, senza alcun pericolo di violazione della proprietà privata. Oggi sono molti i turisti che vengono a esplorare questa zona e spesso troverete a Kompot pacchetti tour che inglobano una gita alla chiesa o al casinò (oramai quest’ultimo non più abbandonato). Il costo si aggira attorno ai 13-15 $ per un tour completo del parco.
Storia
La cittadina fu costruita come luogo di villeggiatura per offrire all’elite coloniale francese ristoro dall’insalubre calura e umidità di Phnom Penh nei mesi più caldi.
Il punto di attrazione principale era il maestoso Bokor Palace Hotel, con annesso casinò. Vi erano inoltre negozi, un ufficio postale, una chiesa cattolica e gli appartamenti reali.
La sua importanza è anche storico-culturale, in quanto fornisce indicazioni su come i coloni passassero il loro tempo libero nei possedimenti coloniali.
La stazione climatica fu abbandonata dapprima alla fine degli anni Quaranta, durante la Guerra d’Indocina, a causa delle insurrezioni locali guidate dal Khmer Issarak, e di nuovo nel 1970, quando fu occupata dai Khmer rossi, che la sottrassero al controllo del governo guidato da Lon Nol. Durante l’invasione vietnamita, nel 1979 i Khmer rossi vi si asserragliarono e resistettero per mesi all’esercito vietnamita. Nei primi anni Novanta fu uno degli ultimi presidi occupati dai Khmer rossi.
Oggi il sito appartiene al governo, che però ha deciso di affittarlo per 99 anni alla Sokimex group. Quest’ultimo si è impegnato a migliorare la strada e a costruirvi un comprensorio turistico con alberghi, ristoranti, golf club ecc.
Descrizione
Arrivo davanti al lussuoso Bokor mountain resort a mezzogiorno inoltrato. Dopo essermi fermato a mangiare in un piccolo ristorante cinese mi avvio alla ricerca della chiesa abbandonato, a qualche chilometro dalla mia posizione.
Attraverso un mare d’erba che quasi va a toccare le mie anche, superando alcune pozze d’acqua profonde qualche metro. Ovunque si vedono i segni profondi dei cinesi, giunti fino alla cima di un parco nazionale a costruire i loro mostri di cemento (completi o incompleti).
Oltre le colonne di calcestruzzo, oltre il muro di nebbia, noto in lontananza la sagoma indefinita di una chiesa. Accelero il passo e in 10 minuti arrivo davanti la facciata della chiesa dove trovo due piccole cinesi che scattano centinaia di selfie.
Faccio il giro e entro dalla porta laterale. Offerte, candele e foto sono poste sull’altare, per il resto è completamente vuota.
Le spesse mura traspirano umidità e alcune di esse sono state sgretolate dalla forza del vento. Dietro la chiesa parte una stradina che conduce fino al “view point”, dove è possible godere di una vista magnifica.
L’intera foresta è coperta dalla nebbia e se si sta in silenzio è possibile sentire la voce della giungla. La campana suona, e con questo mi avvio giù per la collinetta e su per la strada asfaltata.
10 minuti passano e la nebbia si fa ancora più fitta. Sulle rocce che circondano la strada e offrono una veduta sul precipizio odo delle voci. Sento la parola “varang”, che si ripete più volte. Percepisco che qualcuno volge lo sguardo verso di me. Continuo a camminare fino al punto in cui non vedo più niente.
Ad un tratto un raggio di sole si fa spazio tra la nebbia. Uno spiazzale si apre davanti a me, con alcuni resti di case e colonne. Le passo tutte, senza voltarmi a senza dare risposta a tutte quelle voci che sentivo.
Passano altri 20 minuti finché non raggiungo il casinò. Al suo posto hanno costruito un altro hotel di lusso, il quale in poco tempo probabilmente verrà abbandonato. Continuando sempre per la stessa strada s’incontrano altri edifici.
Un altro gruppo di turisti, dalla Cambogia questa volta, mi salutano. Due ragazze del gruppo mi chiedono da dove provengo.
“Italia!” Rispondo. “Italia, italia?! Milano, Roma, Juventus!”.
Lascio i cambogiani per addentrarmi dentro il complesso di rovine. In alcune parti si trovano solo mura, in altre edifici interi. Al loro interno tutto è vuoto se non fosse per alcuni graffiti. Al di fuori un cartello con scritto: “divieto di campeggio”. Non sapevo che proprio quella notte avrei dormito in quel posto lì.
In un altro casolare sono stati lasciati doni con degli incensi e delle foglie di palma. Da ogni direzione sento una pressione che come una mano sulla spalla si adagia e lentamente scivola fino a lasciare solo una leggera sensazione di prurito.
Non sento più le voci dei turisti e finalmente mi posso rilassare. Trovo una stradina che mi porta dentro la giungla, la seguo finché non mi trovo davanti a una roccia gigante. Mi volto e dietro di me c’e un altro ragazzo che ha scelto la mia stessa strada.
Ne approfitto e chiedo se è in motorino e se mi può dare un passaggio di ritorno. Lui acconsente, ma solo fino a un quarto della strada…