Poveglia: L’isola del Paranormale

Ne fodias life functi contagio requescunt MDCCXCIII.

Malamocco & Canale Orfano

Poveglia è un’isola della Laguna Veneta posta a sud, di fronte a Malamocco lungo il Canal Orfano, che collega la bocca di porto di Malamocco con Venezia. Per raggiungerla bisogna essere dotati di un’imbarcazione. Difatti solamente dal Lido di Venezia sono 5 km, che in una semplice barca a motore si traducono in mezz’ora di sola andata (tutto dipende anche dalle maree). Se non si conosce qualcuno del posto allora dovrete essere disposti a sborsare due bigliettoni da 100, in quanto i Veneziani non si tirano indietro quando si parla di fare affari. In questo modo affitterete sia barca che guidatore. Una seconda alternativa è quella di affittare delle canoe per una ventina di euro ciascuna, con partenza da Fusina. In quest’ultimo caso la durata del viaggio sarà ovviamente più lunga.

Popilia-Annia

Anticamente era denominata Popilia, probabilmente per la sua vegetazione (dal latino populus “pioppo”) o in relazione alla vicina via Popilia-Annia. A seguito dell’invasione longobarda del VI secolo divenne uno dei centri di reinsediamento delle popolazioni in fuga verso le coste. Tra l’809 e l’810 il centro contribuì efficacemente alla resistenza di Metamauco, assediata dai Franchi. Nell’864 vi si insediarono le famiglie dei 200 fedelissimi servi di Pietro Tradonico. Poveglia era un centro florido, sia dal punto di vista economico, sia demografico, impegnato nella pesca e nella sua successiva salinatura.

Guerra di Chioggia

La decadenza di Poveglia coincise con la guerra di Chioggia allorché si decise di evacuarne la popolazione a Venezia. Nonostante la costruzione di una fortificazione (ottagono Poveglia), l’isola fu ugualmente occupata dall‘ammiraglio genovese Pietro Doria che da qui bombardò il monastero di Santo Spirito. Al termine del conflitto Poveglia era completamente devastata e i suoi abitanti, in origine diverse centinaia, erano ridotti a poche decine.

Più tardi si decise di sfruttarne la vicinanza al porto di Malamocco (allora unico accesso alla laguna adatto alle grandi navi) adibendola a stazione per il rimessaggio e la sosta delle imbarcazioni e per l’immagazzinamento di attrezzature di bordo.

Lazzaretto

In seguito le sue funzioni si orientarono sempre più verso fini sanitari: assegnata al Magistrato alla Sanità, dal 1782 le sue strutture servirono al controllo di uomini e merci e, all’occorrenza, da lazzaretto (le isole del Lazzaretto Vecchio e del Lazzaretto Nuovo erano divenute inadeguate).

In due occasioni, nel 1793 e nel 1798, ospitò gli equipaggi di due imbarcazioni ammalati di peste. I corpi venivano condotti sull’isola per poi essere inceneriti e sepolti in una fossa comune. Poi questo si estese anche ai semplici contagiati e l’isola di Poveglia diventò una zona di quarantena, che recludeva contaminati e non. Migliaia di uomini, donne, bambini ed anziani morirono lentamente consumati dalla malattia. Tutt’oggi, nelle profondità del terreno di Poveglia, è possibile ritrovare gli scheletri di chi è morto per colpa della peste.

Plague equip poveglia
Theodor Weyl, Public domain, via Wikimedia Commons

Convalescente geriatrico e l’abbandono

Mantenne le funzioni di stazione per la quarantena marittima per tutto l’Ottocento e fino al secondo dopoguerra. Nell’ultimo periodo gli edifici furono in parte adibiti a convalescenziario geriatrico, ma dal 1968 anche questo utilizzo venne dismesso e l’isola fu ceduta al Demanio.

Mala del Brenta

Negli anni della Mala del Brenta (organizzazione criminale nata in Veneto intorno agli anni settanta ed in seguito estesasi nel resto dell’Italia nord-orientale) si registravano molte attività criminose nelle isole della laguna veneta e in fattispecie proprio a Poveglia. Quest’ultima veniva usata come nascondiglio da Felice Maniero e i suoi affiliati.

Il 6 marzo 2014 l’Agenzia del Demanio inserisce l’isola in un elenco di beni in un “invito pubblico ad offrire”. Il 13 maggio 2014, giorno dei rilanci dell’invito pubblico ad offrire per Poveglia del Demanio, Luigi Brugnaro, patron di Umana, ha fatto l’offerta migliore di 513 000 euro. La Commissione del Demanio ha però ritenuto incongrua l’offerta e l’imprenditore, di conseguenza, si è opposto a questa decisione annunciando il proprio ricorso al TAR.

Il Manicomio di Poveglia e le sue Leggende

Nel 1922 venne costruito un edificio adibito a clinica per malati di mente, quindi un vero e proprio manicomio. Tutto ciò non ha molti riscontri pratici, se non per alcuni racconti degli internati e ciò che è inciso sulle pareti d’ingesso di un edificio: “reparto psichiatria”. Difatti negli archivi veneti il manicomio di Poveglia viene fatto passare per una semplice casa di riposo, nascondendo la sua reale funzione.

Attività paranormali e avvistamenti di Fantasmi

Durante tutti i suoi anni di attività si assiste a un picco di avvenimenti paranormali e avvistamenti di fantasmi. Sembrava infatti che i pazienti fossero risorti dalle anime dei morti di peste e che in quei periodi le richieste di trasferimento presso altri centri arrivassero numerosissime alla scrivania del direttore.

Il Sadico Lobotomizzatore

Racconti parlano di un direttore sadico lobotomizzatore, pronto ad usare queste nuovi arrivati come cavie da laboratorio per i suoi esperimenti. I metodi utilizzati nel manicomio erano considerati coercitivi e violenti, con medici atroci e crudeli nei confronti dei pazienti.   La leggenda si conclude con la sua morte: tormentato a sua volta dagli spiriti di Poveglia, come accaduto per i pazienti in cura, l’uomo impazzì e si suicidò gettandosi dal campanile dell’isola. Un’infermiera che aveva assistito all’accaduto raccontò che egli non morì con l’impatto al suolo, ma soffocato da una strana nebbiolina che si era propagata dal terreno fin dentro il suo corpo, lasciandolo esanime. Dopo 24 anni, nel 1946, il manicomio viene definitivamente chiuso.

Negli anni sessanta una famiglia benestante l’acquistò e vi si stabilì, per poi sbarazzarsene dopo qualche mese dall’acquisto, terrorizzata anch’essa dagli spiriti dei malati di peste (ritrovarsi in una fossa comune in mezzo al vigneto non deve essere stata un’esperienza piacevole). Recentemente i parapsicologi della serie tv “ghost adventures” hanno girato un episodio sull’isola di Poveglia.

Laguna Veneta

Dopo mille imprevisti, alle 18 finalmente riusciamo a salpare dal Lido di Venezia, quando oramai il sole è già tramontato e il buio avvolge la laguna. Ci facciamo strada con l’utilizzo di una torcia, illuminando quel poco che è davanti a noi. A causa della marea dobbiamo seguire il percorso più lungo, invece che tagliare la strada e metterci la metà del tempo. Il freddo, gli schizzi d’acqua e le onde generate dai grandi battelli mettono a dura prova i nostri corpi e le nostre menti. Oltre a tutto ciò bisogna prestare molta attenzione alle bricole (pali di legno che indicano la strada da seguire e mostrano quanto la marea è alta) in quanto molte sono in condizioni pessime e non visibili se non da vicino. Difatti succede spesso di trovare barche incagliate sul fondo della laguna dove il livello dell’acqua può arrivare a toccare i 10 cm.

Altro fatto curioso è che, quando la marea è molto bassa, è possibile fare il tragitto Isola San Spirito – Poveglia a piedi. Anni addietro, quando l’Isola di San Spirito ospitava molti cani randagi, era possibile vedere quest’ultimi attraversare tranquillamente il tratto di mare (di terra in questo caso) che divideva le due isole.

Passiamo davanti all’isola degli Armeni, al vecchio lazzareto e al campo sportivo per essere davanti a Poveglia dopo 35 minuti. Attracchiamo vicino al campanile, in un canale che risulta a noi più comodo e facile per poi risalire a terra.

L’isola si presenta a noi esploratori tanto maestosa quanto misteriosa, nonostante le miglia di persone e visitatori che vengono a vederla ogni anno. Cacciatori di fantasmi, storici, urbexer, giovani ragazzini, vandali…chiunque è interessato (in un modo o nell’altro) alla bellezza di questa isola “abbandonata”.

Approdati su questa terra maledetta, ci catapultiamo immediatamente nel primo edificio che ci troviamo davanti. Ovunque macerie: brecce nei muri e scale crollate, mobili distrutti e letti scaraventati fuori dalle finestre, graffiti che come una patina ricoprono i muri di un bianco sbiadito dal tempo. I vandali non hanno risparmiato niente.

Nell’esplorare dobbiamo essere molto cauti in quanto dovunque si “annidano” buchi e crepe nei solai. Ci voltiamo, varchiamo lo stipite della porta ed ecco una voragine profonda qualche metro. Siamo obbligati a passare in bilico sopra l’unico pezzo di solaio sopravvissuto al crollo, cercando di rimanere il più possibile attaccati al muro. Il campanile si mostra davanti a noi in tutta la sua altezza. Ancora più in alto il cielo stellato, e la luna che illumina con la sua luce tenue la punta del campanile.

 

Dall’alto ci avventuriamo poi verso il basso, toccando il suolo dove migliaia di malati affetti da peste sono morti. Passiamo attraverso rovi, nel mezzo di quello che sembra quasi una giungla, con alberi che s’intrecciano tra di loro dando vita a delle forme strane, quasi come se volessero parlare. Le cucine sono subito dopo questo labirinto. Solamente gli scheletri di ciò che era originariamente questo posto si presenta a noi giovani visitatori.

Salendo nuovamente delle scale a chiocciola incorriamo nella torre dove la leggenda narra che il medico e direttore del manicomio di Poveglia si sia suicidato. L’aria si fa più rarefatta. Ci fermiamo per consumare la cena a base di panini e insalata di riso, tutto acquistato precedentemente al Lido in modo abbastanza dispendioso.

Dopo di che ci muoviamo per raggiungere il perimetro esterno dell’isola, passando sopra pali di legno e reti di pesca, illuminati dalle luci provenienti dal Lido. Dopo un centinaio di metri ci addentriamo nuovamente nella “foresta”, imbattendoci in una lapide che cita in latino:

“Non scavate (disturbate) i morti per contagio in vita, riposano 1793”.

Un avvertimento che abbiamo seguito alla lettera. Un sentiero stretto e insidioso ci conduce dall’altra parte dell’isola dove, dopo aver attraversato un ponte di legno, udiamo alcune voci. Vediamo un’imbarcazione non poco distante che ha attraccato e delle braci ancora calde sul terreno. Per paura che possa accadere qualcosa alla nostra barca ci affrettiamo a ritornare a passo veloce. Riattraversiamo l’isola e dopo 10 minuti eccoci di nuovo al punto di partenza, con la nostra piccola imbarcazione in condizioni perfette. Dopo poco passano altri ragazzi con un motoscafo, chiedendoci quali sia il miglior punto per attraccare, se c’è qualcun altro nell’isola e se siamo stati testimoni di qualche strana presenza. Gentilmente rispondiamo.

 

Ecco che col freddo e alle 11 di sera lasciamo Poveglia, isola che sicuramente ha un suo fascino, generato dalle leggende che circolano e sulla sua storia frutto di centinaia di anni.

*Ringrazio “Emmanuel Goldestain” per avermi ceduto alcune delle sue bellissime foto di Poveglia e per avermi trasportato fino all’isola.

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